“Che sono gemelle?” erano solite interrogare le signore che incrociavano mamma Zaira a passeggio per i viali di provincia. “No, ci corre un anno”, cantilenava con finta vivacità la mamma alzando gli occhi ai gerani colorati dei terrazzi. Dove corresse questo anno io e mia sorella Teresa non l’abbiamo mai capito, capivamo solo che era sufficiente a farci vestire uguali: stessa stoffa, stesso modello, stesso colore, stesse misure: due centimetri più lunghino Teresa perché più grande.
È forse questo che spinse quelle due bimbe brunette, paffute e un po’ infelici a prendersi la propria rivincita.
Il primo riscatto avvenne con una coppia di vestiti stesso modello ma di colore diverso, poi stesso modello ma diverso il colore e la fantasia; ma fu solo col vestito modello, colore, fantasia e stoffa diversi che si raggiunse l’orgia del piacere e della soddisfazione, il massimo dell’identità, la riconquista delle proprie personalità del resto già diverse.
Quando corrono tali eventi però, Anna non ha ancora maturato il diabolico intendimento di fare l’attrice. (A dire la verità, io da grande volevo “fare la negra” e pensavo che nonostante la mia nascita bianca, studiando con applicazione avrei potuto riuscire).
Dovremo aspettare ancora molto, siamo infatti nel cuore degli anni ’60.
Io sono quella a destra!
Un’adolescente che, passeggiando per il Corso principale, sola o in compagnia e munita di minigonna non viene abordata da verun individuo di sesso opposto, nonostante esca tutte le sere, si dice “racchia”.
Un’adolescente appartenente a quest’ultima categoria la quale però cerchi di sfruttare al massimo le proprie qualità intellettive, si trovi a farlo nel ’68, decidendo di iscriversi alla facoltà di Psicologia, si dice “alternativa”.
Una ragazza che con tale curriculum e che, laureata col massimo dei voti decida di farsi quattro risate, si dice “Anna Marchesini”.
Le quattro risate rimasero in gola dopo la prima bocciatura all’esame d’ammissione all’Accademia d’Arte Drammatica, alla quale, grazie a forti raccomandazioni, fece seguito la seconda bocciatura. (Hai visto mai la vita ti dovesse sorridere troppo!).
Poi finalmente ebbi quel diploma; ed ora, sfogliando con tenerezza il grosso album di foto che non ho, penso che in fondo, grandissimi attori sono stati bocciati almeno una volta alla scuola d’Arte: Laurence Olivier, Marlon Brando, Dustin Hoffman e se rifletto, noto con grande soddisfazione che sono tutti grandissimi uomini, perciò, mi sorge lecito e stuzzicante il dubbio: “Fossi anch’io un omo?”.
Testo scritto da Anna Marchesini, per questo sito, a maggio del 2008.
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