Sono nata a Orvieto...

Anna in una foto del 26 luglio1954
Anna in una foto del 26 luglio1954

Sono nata a Orvieto: Orvieto, una parola che milioni di persone muoiono senza aver mai pronunciato, anzi vivendo lo stesso…. ma benissimo poi!
Dunque per la maggior parte del mondo, ma anche solo degli Italiani, Orvieto non esiste o comunque non fa nessuna differenza!
E’ un po’ la sfiga tipica dell’Umbria che tutti dicono che c’è nato S. Francesco, Iacopone, che comunque sono nati ad Assisi e a Todi…
Ma Orvieto? Io non ho mai conosciuto una persona che non abbia strizzato gli occhi alla ricerca disperata di dove cavolo potesse collocarsi questa mia città d’origine
Orvieto? quando mi presentavo..!

Ma invece una moltitudine di ragazzi, uomini, padri nonni parenti datori di lavoro vicini di casa di qualcuno che aveva fatto il militare a Orvieto! Almeno il CAR!
Non ho mai saputo perché una cittadina di poco più di trentamila abitanti (compresi i dintorni, cioè con tutto il burinume circostante), abbia potuto contemplare ben tre caserme: una di militari, una degli atleti della SMEF e una dell’Aviazione. A Orvieto!
L’aviazione, che non sapevamo neanche se aereoporto si scrivesse con una o due “e” aeroporto… areoporto ! ?…

L’adolescenza m’hanno, ci hanno dico, a noi ragazze, rovinato i militari che a quel tempo avevano l’obbligo della divisa, i capelli rasati, le orecchie a sventola tutti!
I settentrionali che si riconoscevano subito dalle divise troppo striminzite, corte di braccia, pantaloni a scoprire quegli orridi calzini verde militare; certe scarpe come barche lucidate, che li facevano sembrare patetici clowns spilungoni e coglionazzi
da muti!.. Non sia mai aprivano bocca!: i Veneti e i Friulani con quel loro intercalare….” Siorina… ssss!.. siorina, permette … sssiorina? mi non vojo far niente de mal… ssiorina senta… sss..”
Tutta l’adolescenza ma poi anche dopo, a scantonare da Via del Corso ai vicoletti stretti, dentro l’umidità del tufo che faceva la nebbiolina intorno ai lampioni, che sapevano tutto, vedevano tutto….” ssssiorina senta…sono solo…una parola…ostia!”
E l’accanimento di quei meridionali usciti per la prima volta…dalle caverne!, ( pensavamo noi, con quella spietatezza tipica delle vittime! ) che alle diciotto in punto, libera uscita, sciamavano come mosconi sul secchione, molesti, con quell’insistenza caprona tipica di chi non ha niente da fare, nente da perdere e però ha un arretrato di sesso, che data le sue ultime…” esercitazioni autolenitive”!…..
” Signurì….signurì….come vi chiamate ..signurì…sss…sienf ame..ssss…ssient”…! Ma che siente! ! La smetta., ma vada..!
Accettavano tutto anche le nostre offese, rigorosamente inviate con il “lei”! Anzi le nostre reazioni, financo isteriche certe volte ma vorrei vedere e che caspita!, li eccitavano, li divertivano, li soddisfacevano, in qualche modo c’erano riusciti!!
Saranno stati i militari, saranno stati gli indigeni, sarà stato che riuscivo a sentire tutto in quegli anni, (ma già dai primi anni!) senza esserci, che è più la sensazione di provenienza che avverto per questa città, che non di appartenenza.
Appartenenza che comunque non sento neanche per la città dove vivo, Roma.. forse, il luogo che più vivo con passione è il mare……proprio quello che non bagna l’Umbria in nessuno dei suoi confini; come la Basilicata, l’Umbria è l’unica ad avere anche questa sfiga!

Ah l’Umbria, la verde Umbria, verde!… e io che preferisco l’arancione! ma l’azzurro, ma il bianco! Il verde no! come il rosso… vinaccia come lo chiamavamo noi che con il vino avevamo una certa familiarità! No dico il vino d’Orvieto ” EST EST EST” è famoso! ma in tutto il…..e io ero astemia ! Altro?!?
Ma quei terrazzini pieni di gerani, ortensie, azalee..! che poi sono le uniche tre piante che non amo, anzi mi infastidiscono, perché intignano anno dopo anno, si espandono con un’invadenza che per esempio i ciclamini non hanno! Ma vuoi mettere l’erica?
Lo so che preferisce i paesi nordici, allora la boukenville , che però a Orvieto chiamavano la bucavilla! con l’idea che solo nelle ville dei ricchi potesse crescere!
Tanto carucce!!
Ma un trionfo sì, un trionfo di originalità stramberia e fascino, l’ho sempre trovato in quell’invenzione orvietana tutta dialettale che trasforma tutti i maschili in femminile, per via di quelle finali con la “e”… le maschie, le vicole, Fommine, le debite, le pettegolezze…. Le guste so’ guste!
Ecco forse in questi suoni (ma anche in chi li pronunciava ) sta tutto l’inizio di quel naufragar in quel mare, dove sono andata in immersione, intronauta per natura, curiosa ed implosiva, esercitandomi da lì a ingurgitare gli universi, le vite degli altri trasportate dal profumo del DDT che scivolava dalle persiane chiuse del tutto a posto, i piatti rigovernati, alle quindici del pomeriggio .. .bollettino ai naviganti..il profumo del glicine, del tiglio dei giardinetti ( non si diceva parco ), le panchine verdi di ferro dure e accoglienti, immobili sotto lo schianto di certi sederi lievitati delle carucce in menopausa..:” Ah quanto me ce voleva ‘sta seduta signo’ Dio ce scampe, me stanco a cammina’, ho preso venti chile da quando min c’ho più le mi’ cose me capisce come je dico? co’ licenza parlando. Porett’ a me disgraziata ‘na silfide ero! Mo’ fatico pure a mettime le calze! Alo’ ha capito sì come je dico!”
“Ha visto signora mia l’Andreina de la Delma ha sposato? Ha indovinato tanto bene lue c’ha la casa del suo, la macchina e tutte Fanne la porta in villeggiatura a Montalto de Castro!”
Quando ero piccola io, a Orvieto, la “convivenza” non esisteva, ma neanche la parola, ma neanche si sapeva cosa significasse! Le ragazze arrivavano vergini al matrimonio (almeno secondo le loro mamme) così il matrimonio diventava per lo più il massimo della relazione a rischio, l’incognita più grande, una specie di lotteria dove pescato il marito, potevi vincere o perdere, ma per la vita.
Questo, fantasticavo pericolosamente quando la mamma mi raccontava la storia di qualcuno che si conosceva….” Ha ‘ndovinato tanto male poretta lu su’ marito je mena e lei cuce pure di notte. Lui beve, nun lavora e quando ritorna mena a lei e mena pure a le fije….!”
Più che se l’avessi vista quella famiglia mi entrava dentro con la sua storia, come una macchia di umidità …puzza di chiuso, pezze e alcool, la pazienza di lei, come una pecora, come uno straccetto, gobba sulla sedia, così dimessa e rassegnata da tirarsi le botte proprio! “Fommine so’ tutte uguale! Che Dio le fulmine! “
La “convivenza, cioè facciamo la prova, cioè conoscersi, cioè capito sperimentare un certo tipo di…….Che poi l’ho fatto anch’io venuta in città, dove nessuno o quasi rischiava di ” indovinare” marito ( o moglie ), non ci ha preservato ahimè dal prendere fregature.
Ovviamente fregature più consapevoli, fregature alternative… cioè un certo tipo di fregature…
Ma sempre fregature! ! Che solo col matrimonio puoi prendere mica prima… mica senza!
“Le tempe so’ cambiate! Ma l’ommine so’ sempre quelle! ” Tanto Caruccia!.

Testo scritto da Anna Marchesini, per questo sito, a maggio del 2008.